Un uomo e un bambino seduti davanti a uno specchio di acqua, elemento predominante dell’immagine, ma non il principale. I protagonisti sono i due che ripresi di spalle non mostrano il loro volto. Non conosciamo la loro espressione, non sappiamo se stanno sorridendo, se si stanno parlando, o se sono entrambi immersi nei loro pensieri. Padre e figlio? Si potrebbe anche andar oltre e immaginare che abbiano buttato l’amo e stiano aspettando che il pesce abbocchi. Un punto interrogativo.
È la prima suggestione di questo libro di fotografie, ultima creatura della Casa Editrice Graffiti, e prima del fotografo Marco Rossi. Il primo indizio nel titolo: “Immagin Ando”, una parola divisa in due, sostantivo, e verbo allo stesso tempo per indicare la dualità della fotografia. Stasi dell’immagine, movimento nell’azione del fotografare e in quella dell’osservarla e del sentire del fruitore.
Il percorso che Marco Rossi propone – e lo spiega bene nella nota introduttiva – con le sue 140 immagini è un viaggio interiore alla riscoperta di emozioni e sensazioni, forse perdute, o meglio ancora alla ricerca di nuovi stati d’animo.
Una sorta di test psicologico continuo, cui ti costringono fotografie che sono sovrapposizioni di immagini, accostamenti azzardati e esasperati da colori decisi, quasi sempre, sfumati e incerti qualche volta. I volti non sono mai volti e basta, gli sguardi sono anonimi e lontani, come riemersi da ricordi lontani, non esprimono a prima vista emozioni. Ma nella loro estraniazione provocano e richiamano a reazioni emotive, sentimentali, irrazionali.
Particolari di immagini esaltati nell’elaborazione sofisticata e a volte esasperata della postproduzione. Il primo impatto ti lascia interdetto, ma poi – ed è la maestria del fotografo e dell’editor a costringerti – torni indietro e ricominci. Una ad una alla ricerca del significato, della sensazione. Fino a trovare la tua risposta. Il tuo sentire. La tua interpretazione.
Non c’è presunzione, perché’ nel percorso ti accorgi che l’autore lascia spazio anche a una non risposta. L’immagine resta lì non codificata, non compresa, ma comunque presente, ingombrante, stretta come è nella impossibilità del fruitore di essere vissuta.
Non ci sono altre parole per sintetizzare questo bel volume che presenta 140 fotografie, tutte stilisticamente perfette, uniche, e originali. Una scelta coraggiosa e difficile, quella di questo autore -, che nella vita non è fotografo ma psicologo -, in un mondo in cui la fotografia il suo messaggio te lo da in modo diretto, immediato, univoco. Non lascia spazio a immaginazione. L’informazione arriva tutta insieme, ed è inequivocabile. La variabile resta il sentimento che ti provoca, ma questo è un altro discorso. Qui siamo davanti a immagini – qualche volta sovrapposte – che così come sono realizzate e concepite richiedono uno sforzo interiore di ricerca, perché nessuna di queste è racconto di una realtà ma comunicazione di una sensazione di un pensiero.